Quando pensiamo alla solidità, alla forza, alla resistenza, ciò che prima di ogni altra cosa ci viene in mente sono le rocce e le montagne.
“L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo”.
Per tutti noi la vita non è altro che qualcosa di mutevole e di sfuggevole, la materia organica si corrompe, di decompone e muore. Una montagna rimane lì, immobile e indifferente al passare del tempo.
Questa visione, per quanto diffusissima e sicuramente affascinante, si scontra però con un dato di fatto sconcertante: mentre l’orografia cambia, anche lentamente, mentre i fiumi scavano vallate e le frane ne sfigurano le fiancate, l’uomo è rimasto immutato da migliaia di anni.
Se delle civiltà passate ci rimangono ben pochi manufatti, il nostro patrimonio genetico è infatti rimasto pressoché invariato per migliaia di anni. Nel caso di alcuni batteri potremmo anche dire che è rimasto sostanzialmente immutato per milioni di anni. Tutto questo è ancora più straordinario se pensiamo cosa comporta ogni singola replicazione del DNA, cioè di quella molecola che contiene tutte le informazioni necessarie alla vita di ogni singolo organismo, dal più piccolo batteria all’elefante.