Credo che un po’ tutti, magari da bambini, ci siamo posti almeno una volta la scottante domanda “da cos’è fatto il fuoco?”. Lo vediamo talvolta definito, con un contorno luminoso netto quando arde dallo stoppino una candela o quando crepita ondulando dai ceppi sul caminetto. Ne percepiamo quelli che potremmo indicare come gli effetti, la luce ed il calore, talvolta persino il suono sotto forma di crepìtio, e sfruttiamo questi effetti per illuminare e per riscaldare: in pratica è come se un po’ tutti i nostri sensi fossero coinvolti nella percezione del fuoco, almeno per quanto riguarda “alcuni fuochi”, ma in qualche modo è come se intuissimo che luce e calore non siano altro che effetti secondari e che il fuoco in sé sia qualcosa d’altro, qualcosa la cui essenza ultima ancora ci sfugge. Talvolta frastagliato, evanescente, irrequieto e convulso, altre volte così fermo e definito che ci sembra di poterlo afferrare con due dita, come la fiamma immobile e gialla di una candela. E’ in un certo senso naturale che molti di noi si domandino quindi da cosa sia fatto, quale sia la sua sostanza, la sua composizione, che lo rende così simile ad uno spiritello maligno, in apparenza ma solo in apparenza afferrabile, che punisce la nostra intrusione con una bella scottatura se non addirittura con un vero e proprio incendio! Continua...